mercoledì 4 marzo 2009

Pavlov

Alcuni ricercatori credono che potrebbe essere opportuno, sul tema delle scie tossiche, un dialogo con i disinformatori anche quelli più incalliti, come Paolo Attivissimo. Sono sicuro che qualsiasi contraddittorio con questi personaggi è impossibile, per parecchie ragioni. In primo luogo sono persone in totale ed evidente malafede, sono poi di un'ignoranza assoluta cui si abbina un'intollerabile spocchia.

E' possibile tuttavia che alcuni di questa setta di fanatici, il cui messia è Attivissimo [1], siano pure convinti delle assurdità e delle menzogne che ripetono ad ogni piè sospinto, ma qui subentra un altro impedimento ad un dibattito più o meno costruttivo. Gli adepti di questa confraternita, infatti, possono essere oggetto di uno studio che si basi sulla psicologia di Pavlov. Il noto fisiologo russo nato nel 1849 e morto nel 1936, scoprì il condizionamento con numerose e scrupolose ricerche su animali. Indagini durate dal 1902 al 1926. I disinformatori hanno subìto un condizionamento talmente forte, insistente ed efficace che, non appena hanno anche solo un vago sentore di una versione non ufficiale circa qualsiasi evento, reagiscono ipso facto, in modo del tutto prevedibile e stereotipato. Ecco allora che scrivono frasi preconfezionate, fondate su un lessico circoscritto alle solite espressioni: "La bufala delle scie chimiche", "Interpellate gli esperti", "Non avete una preparazione scientifica" etc. Allo stesso modo, i cani di Pavlov sbavano, tosto che odono il tintinnio del campanellino che annuncia il cibo.

Nel caso dei disinformatori il comportamentismo, in particolare quello di Watson e di Skinner, si rivela quanto mai adatto, poiché tutto si riduce al nesso stimolo-risposta, essendo inesistenti processi cognitivi ed emotivi in questi soggetti che sono ontologicamente differenti rispetti all'uomo medio. Sono situazioni che si comprendono solo studiando la relazione tra stimolo e feedback e con un'osservazione distaccata: si constaterà che, di fronte alla medesima azione i soggetti in esame rispondono tutti con la stessa retroazione. Non solo i comportamenti, improntati ad ostentazione di "conoscenze scientifiche", sufficienza, dileggio, ma anche le parole rientrano in un repertorio fisso e molto limitato. Si tratta di una regressione o meglio di una fissazione ad uno stadio istintuale ed animalesco su cui occorre riflettere, prima di cercare un confronto con personaggi siffatti, del tutto incapaci di pensiero logico e ancor più di intuizione o di facoltà superiori. Questa non vuole essere una critica, ma una diagnosi di una condizione clinica. Si pensi che più di due anni fa scrivemmo Gli infiltrati, un'analisi in cui mettevamo in luce gli schemi psicologici di questi agenti di serie C: orbene, a distanza di tempo, il loro operato rientra ancora perfettamente in quel sistema interpretativo.

Non dimentichiamo che in questa struttura psicologica bisogna includere il "bias di conferma", ossia la tendenza compulsiva a rifiutare tutto ciò che potrebbe destabilizzare una rassicurante visione del mondo, simile a quella inculcata ai bambini che superano le varie paure (del buio, della separazione dalla madre etc.) attraverso la costruzione di modelli tranquillizzanti. Qui si pone un problema: i disinformatori si sono fissati ad uno stadio infantile, rifiutando quindi il principio di realtà che comporta acquisizione di responsabilità, capacità di elaborare previsioni, sviluppo di autonomia decisionale... o sono, invece, da studiare come fossero dei ratti, lontani nella scala filogenetica dai bambini? E' noto che, a ragione, il comportamentismo è stato accusato di semplicismo e di riduttivismo, sia perché rifiuta di prendere in considerazione i processi cognitivi superiori in quanto tali, cioè senza ricondurli aprioristicamente ai processi elementari dell'apprendimento meccanico, sia poiché equipara gli uomini agli animali di laboratorio. Tuttavia, sebbene il behaviorismo sia un orientamento psicologico molto discutibile ed obsoleto, laddove pone l'accento sulla meccanicità delle reazioni, proprio in senso letterale, si rivela quanto mai adeguato per indagare la condotta dei disinformatori. Infatti, mentre è corretto evidenziare un substrato psichico ed emotivo almeno negli animali superiori, è indubbio che gli sciacondensisti sono privi di qualsiasi dimensione, per quanto embrionale, di tipo intellettivo e psicologico, sicché non ci sbaglieremo se adotteremo strumenti di analisi tesi ad individuare riflessi condizionati dovuti ad una programmazione. Questo consente di predire con precisione le azioni dei disinformatori.


[1] Il caso di Paolo Attivissimo è un po' più complesso, essendo costui un interessante ibrido tra Ser Ciappelletto ed un androide.



LinkWithin

Related Posts with Thumbnails