Absit iniuria verbis.
Sguardi ebeti, fronti basse, andature caracollanti. In nessuna epoca della storia l’ottusità si è tanto incistata nei sub-uomini. Non si può neppure pensare ad una decadenza, poiché il declino lascia intravedere l’alone di una lontanissima grandezza. La corruzione è la sostanza fetida di una società marcescente. Infetta un’aria già irrespirabile.
Ci si chiede come si possa essere soltanto sfiorati dalla balzana idea di un’evoluzione. Esistono le eccezioni, ma sono annegate in una palude mefitica. Gli uomini e le donne intelligenti appartengono ad un altro tempo: sono qui ed ora per errore. Si comprende per quale ragione le classi dirigenti, formate da bande di stupidi, possano infinocchiare intere nazioni: per circuire milioni di deficienti è sufficiente un drappello di gonzi appena un po’ più svegli.
Si elargiscono ammennicoli tecnologici per imbonire la massa. Si organizzano spettacoli degradanti, si compiono luride liturgie. Alienati ed alieni a sé stessi, gli idioti abboccano davanti a qualche scemo della fielevisione.
Gli “intellettuali”, invece, si compiacciono per la satira addomesticata di qualche comico tragicamente scialbo. Manca l’indignazione di fronte ad una realtà che è sentina di ogni vizio e turpitudine: per questo l’irrisione è spuntata, priva di mordente, anzi avalla il sistema che prova a scalfire con denti da latte.
Si crede di riempire il vuoto incommensurabile con qualche sciropposa lusinga. Si rischiarano le appiccicose tenebre di pece con la luce artificiale del neon. Parole impastate e collose di bocche deformi sono spacciate per verità. Mostruose fisionomie sono l’incarnazione della bellezza. Si allevano in batteria generazioni di debosciati prepotenti, figli di arroganti smidollati.
Supremo paradosso: attorno a questa tabe profonda, alla menzogna, all’ignoranza ed all’ipocrisia si crea il consenso che assurge ad intolleranza.
Dispiace che quasi tutti rimangano invischiati e scambino i satanassi per angeli, i carnefici per anfitrioni.
Sguardi ebeti, fronti basse, andature caracollanti. In nessuna epoca della storia l’ottusità si è tanto incistata nei sub-uomini. Non si può neppure pensare ad una decadenza, poiché il declino lascia intravedere l’alone di una lontanissima grandezza. La corruzione è la sostanza fetida di una società marcescente. Infetta un’aria già irrespirabile.
Ci si chiede come si possa essere soltanto sfiorati dalla balzana idea di un’evoluzione. Esistono le eccezioni, ma sono annegate in una palude mefitica. Gli uomini e le donne intelligenti appartengono ad un altro tempo: sono qui ed ora per errore. Si comprende per quale ragione le classi dirigenti, formate da bande di stupidi, possano infinocchiare intere nazioni: per circuire milioni di deficienti è sufficiente un drappello di gonzi appena un po’ più svegli.
Si elargiscono ammennicoli tecnologici per imbonire la massa. Si organizzano spettacoli degradanti, si compiono luride liturgie. Alienati ed alieni a sé stessi, gli idioti abboccano davanti a qualche scemo della fielevisione.
Gli “intellettuali”, invece, si compiacciono per la satira addomesticata di qualche comico tragicamente scialbo. Manca l’indignazione di fronte ad una realtà che è sentina di ogni vizio e turpitudine: per questo l’irrisione è spuntata, priva di mordente, anzi avalla il sistema che prova a scalfire con denti da latte.
Si crede di riempire il vuoto incommensurabile con qualche sciropposa lusinga. Si rischiarano le appiccicose tenebre di pece con la luce artificiale del neon. Parole impastate e collose di bocche deformi sono spacciate per verità. Mostruose fisionomie sono l’incarnazione della bellezza. Si allevano in batteria generazioni di debosciati prepotenti, figli di arroganti smidollati.
Supremo paradosso: attorno a questa tabe profonda, alla menzogna, all’ignoranza ed all’ipocrisia si crea il consenso che assurge ad intolleranza.
Dispiace che quasi tutti rimangano invischiati e scambino i satanassi per angeli, i carnefici per anfitrioni.